L’andrologo è lo specialista della salute sessuale e riproduttiva dell’uomo che previene, diagnostica e cura eventuali patologie che possono occorrere nell’arco di tutta la vita.
I principali problemi di pertinenza dell’andrologia sono disturbi della sfera sessuale come la difficoltà di erezione, eiaculazione precoce, pene curvo, calo del desiderio, fimosi, brevità del frenulo, idrocele, oltre a problematiche connesse ad alterata fertilità maschile quali varicocele, alterazioni ormonali, patologie di testicoli, epididimi, deferenti.
Con l’andrologo potrai confrontarti e potrai trovare le risposte ai tuoi dubbi, lo specialista prescriverà un esame fisico completo, con particolare attenzione alla regione genitale, che potrà essere completato da un controllo e da esami più specifici.
Area sessualità
La salute sessuale come spia della salute dell’uomo
Tutte le ricerche scientifiche segnalano che le difficoltà sessuali sono più frequenti all’aumentare dell’età, ma ‘maturità’ non vuol automaticamente dire fine della propria vita sessuale. In realtà l’erezione richiede l’integrità di diversi apparati, in particolare quello cardiovascolare; tra le cause dei problemi di erezione vi sono soprattutto malattie cardiovascolari e dismetaboliche come il diabete, oltre a fattori tossici come il fumo. Queste sono tutte condizioni a carattere cronico, agiscono cioè nel tempo; ne deriva che l’età è un fattore di rischio per la funzione sessuale soprattutto per coloro che hanno queste patologie, in quanto queste con il tempo producono danno. In altri termini anche un ultrasettantenne, se in buona salute (buon profilo lipidico, non soprappeso né iperteso, che non assume farmaci, ecc.), può avere una soddisfacente vita sessuale.
Un numero sempre maggiore di studi ci segnala inoltre come l’efficienza della funzione sessuale sia una spia molto importante della salute cardiovascolare e metabolica dell’uomo. Il normale funzionamento del pene richiede infatti un’assoluta integrità arteriosa, e un tessuto vascolare del pene e vie nervose per la trasmissione al tessuto del pene del comando per l’ erezione del tutto sane. La necessità di questo elevato grado di efficienza spiega come spesso malattie vascolari, diabete, ipercolesterolemia diano come primo segno una difficoltà di erezione, senza che vi siano ancora altri sintomi. La disfunzione erettile è in particolare oggi considerata come una ‘spia’ di una possibile patologia cardiaca o coronaria in fase iniziale, che cioè non ha ancora dato altro segno di sé.
In conclusione, in presenza di un problema sessuale, è importante parlarne con il medico. Non solo perché oggi qualsiasi difficoltà sessuale può essere risolta in maniera brillante, ma anche perché questa potrebbe essere il primo campanello di allarme di altre malattie che non hanno ancora dato segno di sé. L’Andrologo o il Medico di famiglia potrebbero infatti scoprire malattie come diabete, ipertensione o alterazioni ormonali, in fase iniziale, quando cioè è più facile curarle, evitando gravi danni alla salute.
Diagnostica della disfunzione erettile
Oggi virtualmente ogni caso di difficoltà di erezione può essere risolto in maniera soddisfacente, a prescindere dalla sua gravità. Viviamo in un’epoca in cui la ricerca scientifica sta producendo una serie di risposte diversificate; già oggi disponiamo di più farmaci efficaci per via orale, ed altri più selettivi e con meno effetti collaterali sono all’ orizzonte.
Va comunque ricordato che vi sono casi di disfunzione erettile (abbreviata con la sigla “DE”), soprattutto tra i giovani, che potenzialmente sono curabili in maniera definitiva, e che ogni caso di difficoltà di erezione va valutato dal medico, in quanto potrebbe celare importanti patologie in fase iniziale, quali diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari.
Da ultimo è importante precisare che non sempre un primo approccio terapeutico è risolutore del problema DE. Le terapie orali ad esempio sono efficaci in non oltre il 70% dei casi; ciò vuol dire che ben un 30% degli uomini con DE, in Italia un numero potenziale di 900.000 persone, non può avvalersi di questo trattamento. Nondimeno altre possibilità terapeutiche sono in grado di permettere comunque eccellente soluzioni, praticamente nel 100% dei casi. E’ perciò importante non demoralizzarsi o arrendersi se un primo tentativo terapeutico va male: c’è sempre comunque una soluzione!
Possiamo classificare le attuali terapie per la DE in terapie non chirurgiche e terapie chirurgiche.
Le terapie non chirurgiche della DE comprendono: approccio psicosessuologico, terapie orali, terapie iniettive locali, terapia con vacuum.
Le terapie chirurgiche comprendono: chirurgia venosa, chirurgia arteriosa, chirurgia del pene curvo, chirurgia con protesi.
Dopo la prima visita e alla luce dei risultati degli esami ‘di minima’, quali glicemia, profilo lipidico e talora valutazione ormonale, potrebbero inoltre essere emersi alcuni fattori di rischio o patologie sottostanti, meritevoli, rispettivamente, di modifica o cura. Oltre a ciò l’Andrologo sarà già in grado di formulare alcune ipotesi sulla natura del tuo problema e sulle possibilità di trattamento. Oggi virtualmente il 100% dei casi di DE può essere trattato in maniera eccellente, ma in particolare esistono alcuni casi che possono essere guariti in maniera definitiva, con cioè un ripristino delle erezioni spontanee, senza bisogno di farmaci o altri presidi. Questi sono costituiti soprattutto da soggetti giovani, il cui problema sia insorto in conseguenza a chiare cause psicologiche, o dopo un trauma fisico in regione genitale, o da soggetti che abbiano avuto ‘da sempre’ difficoltà di erezione. In questi casi è opportuno eseguire una valutazione diagnostica approfondita, preliminare ad un trattamento, psicosessuologico o chirurgico, volto alla risoluzione completa del problema. Le principali diagnostiche avanzate sono: valutazione psicosessuologica, studio delle erezioni notturne, valutazioni emodinamiche del pene (ecocolordoppler dei vasi penieni, cavernosometria, arteriografia), valutazioni neurologiche.
Valutazione psicosessuologica: è particolarmente importante quando vi siano delle chiare componenti psicologiche o di alterata comunicazione di coppia alla base della DE. Va tenuto presente che quasi ogni situazione di DE produce ansia, tensione, insicurezza; saranno però soprattutto i casi in cui le componenti psicologiche sono la causa del problema DE, e non l’ effetto, a beneficiare di questo approccio diagnostico-terapeutico.
Studio delle erezioni notturne: ogni individuo sano ha delle erezioni spontanee durante alcune fasi particolari del sonno (fasi R.E.M.), l’ ultima delle quali può essere presente al risveglio. In passato la presenza di buone erezioni notturne era ritenuta escludere delle cause organiche, cioè fisiche, alla base del problema di erezione, a vantaggio invece di cause psicologiche. Sono state perciò create delle apparecchiature computerizzate ad uso domiciliare, in grado di rilevare la presenza e la qualità delle erezioni notturne, grazie a dei cinghioli posti intorno al pene. Oggi il significato diagnostico di questo test è stato molto ridimensionato, ed una buon colloquio con il paziente può chiarire molti aspetti. Nondimeno in alcuni casi dubbi lo studio delle erezioni notturne può essere di aiuto.
Ecocolordoppler dinamico: è una indagine “dinamica”, eseguita cioè dopo aver prodotto farmacologicamente una risposta erettile. Valuta l’efficienza delle arterie che portano sangue ai corpi cavernosi, e la capacità del pene di trattenere il sangue che gli arriva, in base a dati di flusso ematico e di diametro dei vasi arteriosi.
Cavernosometria dinamica: valuta anch’essa l’efficienza arteriosa e la capacità di trattenere del pene. Si differenzia dall’ecocolordoppler perchè fornisce dati di pressione e non di flusso, limita di molto le possibili risposte dubbie, permette la valutazione di parametri aggiuntivi (rigidità assiale), e, in caso di insufficiente ‘tenuta pressoria’ del pene, permette di visualizzare dove il pene ‘perde’, grazie alla fase “cavernosografica”, in cui si infonde mezzo di contrasto nei corpi cavernosi e si scattano delle lastre.
Arteriografia: è una indagine preliminare ad interventi di bypass arterioso, che vengono eseguiti in soggetti con stenosi di una o entrambe le arterie cavernose, a seguito di trauma nella regione genitale (tipo: caduta sulla barra della bicicletta).
Valutazioni neurologiche: trovano indicazioni nei casi di diminuzione della sensibilità del pene, e quando si sospetti una causa neurologica (come la sclerosi multipla) alla base della DE. L’ esame più semplice è la biotesiometria peniena, che consiste in una valutazione della soglia di sensibilità vibratoria del pene.
I farmaci orali per l’erezione
Da oltre 15 anni l’Andrologia ha a disposizione farmaci orali che permettono un efficace trattamento di molti casi di difficoltà di erezione. Sono genericamente chiamati “Inibitori della fosfodiesterasi 5”, o “PDE5I”, e comprendono, in ordine di disponibilità sul mercato: Viagra (sildenafil), Cialis (tadalafil), e Levitra (vardenafil). A breve si aggiungerà Spedra (Avanafil).
Tutti questi farmaci vanno somministrati dopo valutazione medica, necessitano di ricetta medica. Si raccomanda vivamente di evitare acquisti al di fuori delle vie ufficiali, in particolare via web, poiché è dimostrato che i prodotti ottenibili in rete sono inaffidabili per composizione, efficacia e sicurezza.
Come funzionano
I PDE5I sono degli amplificatori dell’erezione, laddove l’erezione non è adeguata. Il loro nome “inibitori della fosfodiesterasi 5” ci spiega che agiscono bloccando (“inibendo”) la naturale degradazione della sostanza che produce l’erezione, liberata dai terminali nervosi a livello del pene: l’ossido nitroso, o “NO”. L’ NO continua quindi ad agire, amplificando la risposta erettile. I vari PDE5I per poter agire necessitano pertanto della iniziale liberazione di NO a livello del pene; in altre parole necessitano sia dell’eccitazione sessuale, sia dell’integrità delle vie nervose che trasmettono il comando dell’ erezione fino al pene. I pazienti con importante calo del desiderio o con alterazioni delle vie nervose (grave neuropatia diabetica, o precedenti interventi di chirurgia radicale pelvica per tumori di vescica, prostata o retto, in cui si ha la sezione dei nervi che comandano l’erezione), hanno minime possibilità di rispondere a questi farmaci. E’ inoltre necessario che il tessuto del pene abbia ancora una funzionalità residua; nel diabete avanzato o in presenza di grave vasculopatia i farmaci orali possono non funzionare.
Questi farmaci nascono per un utilizzo “al bisogno”, cioè in vista di un incontro sessuale. Fa eccezione una recente formulazione di Cialis, per cui è prevista una assunzione quotidiana.
La principale controindicazione all’ uso dei PDE5I è il concomitante utilizzo di farmaci a base di nitrati (farmaci usati soprattutto da pazienti coronaropatici), in quanto l’ associazione dei due farmaci potrebbe causare dei gravissimi episodi ipotensivi, potenzialmente fatali. Va ribadito che i PDE5I non sono pericolosi per il cuore, è l’ interazione con i nitrati che è pericolosa.
Gli effetti collaterali dei PDE5I sono generalmente modesti come entità, e per lo più ben tollerati; i principali sono cefalea, arrossamento al volto e congestione nasale. Se presenti, gli effetti collaterali tendono a ridursi nel tempo.
Quali sono
Viagra (sildenafil)
Viagra ha rivoluzionato il settore della disfunzione sessuale maschile; va assunto un’ora prima del previsto rapporto sessuale, avendo la cautela di evitare per l’occasione un pasto abbondante, che sia ritarderebbe l’ esordio dell’ effetto, sia ne diminuirebbe l’ intensità. La sua finestra temporale di azione è di circa ore; non deve essere assunto più di una volta al giorno. E’ attualmente disponibile anche la versione generica del farmaco.
Cialis (tadalafil)
Si caratterizza per la lunga copertura temporale fornita (36 ore) e per l’assenza di interazione con il cibo. Una nuova indicazione è relativa alla formulazione a basso dosaggio che, sfruttando la lunga permanenza del farmaco nell’organismo, prevede l’assunzione quotidiana, che permette a chi la assume di essere sempre ”coperto”. Questa formulazione è anche approvata per il miglioramento di disturbi urinari legati a ipertrofia prostatica.
Levitra (vardenafil)
Il farmaco ha un rapido assorbimento; anche per esso è valida l’accortezza di assumerlo a stomaco vuoto. E’ stata recentemente formulata una versione orodispersibile: la compressa si dissolve in bocca in pochi secondi.
Spedra (avanafil)
Di imminente commercializzazione in Italia, appare avere un rapido assorbimento e un interessante profilo di tollerabilità.
L’Autoiniezione
L’autoiniezione: un “vecchio” rimedio, ma ancora valido
Prima dell’arrivo dei farmaci orali l’ autoiniezione del pene con farmaci ad azione vasodilatatrice era la terapia del deficit erettile più diffusa, ed a buona ragione, vista la sua efficacia in circa l’ 80% dei casi. Certo, l’idea di farsi un’iniezione a livello del pene non è tra le più piacevoli, ma molto è proprio l’idea! Infatti l’autoiniezione, che deve essere tassativamente insegnata da un medico dedicato al settore delle disfunzioni erettili, non è assolutamente dolorosa, ed è meno sensibile agli stati emotivi negativi rispetto alla farmacoterapia orale. Il farmaco iniettato agisce infatti a valle dello stimolo nervoso: direttamente sul tessuto del pene. Per lo stesso motivo quei pazienti che per motivi neurologici, ad esempio chirurgia radicale a livello pelvico, non possono avvalersi dei farmaci orali, sono di contro buoni candidati al successo con terapia iniettiva.
Il farmaco che in Italia è commercializzato per quest’ uso è l’analogo di sintesi della prostaglandina E1: l’ alprostadil. Questo prodotto, nella sua formulazione commerciale (Caverject), è disponibile in confezione monouso, dotata di farmaco attivo in polvere, liquido per ricostituire la soluzione, siringa, ago e salviette disinfettanti. E’ anche disponibile una formulazione in siringa preriempita a doppia camera, pronta per l’uso. E’ fondamentale che l’istruzione all’autoiniezione avvenga in ambito medico, poichè possibili effetti collaterali sono un’erezione prolungata (“priapismo”), pericolosa per i tessuti del pene, e lo sviluppo nel tempo di noduli fibrosi all’ interno del pene che possono produrre curvatura del pene, ed aggravare la difficoltà di erezione. Una buona tecnica minimizza infatti questi rischi, riducendoli ad entità del tutto accettabili. Per chi segue questa opzione terapeutica è importante sottoporsi a periodici controlli andrologici.
Testosterone
Ormoni sessuali maschili: il ruolo del testosterone
Cosa è e a cosa serve il testosterone
Il testosterone è il principale ormone sessuale maschile; è prodotto dai testicoli in risposta alla secrezione di un altro ormone, l’LH (ormone luteinizzante), prodotto a sua volta dall’ipofisi, ghiandola situata nel cervello. Si pensa comunemente al testosterone come ormone che influenza il desiderio e la potenza sessuali. Vero, ma le azioni del testosterone non si limitano a ciò: questo ormone agisce anche sulla struttura dello scheletro, sulla forza e distribuzione della massa muscolare, sulla produzione di globuli rossi, sulla maturazione degli spermatozoi, sul tono dell’umore, sul timbro della voce, sulla struttura della cute e sulla distribuzione dell’apparato pilifero. Da ciò deriva che una produzione insufficiente di testosterone può causare diversi problemi, tra cui: ridotto desiderio sessuale, difficoltà di erezione, facile affaticabilità, irritabilità, sonnolenza, anemia, fragilità ossea (osteoporosi), infertilità.
Relazione tra diabete e testosterone
Diversi studi concordano sul fatto che bassi livelli di testosterone negli uomini possono indurre allo sviluppo dell’insulino-resistenza e della conseguente progressione al diabete di tipo 2. In particolare, il testosterone è un importante regolatore della sensibilità insulinica negli uomini, e i suoi valori sono spesso diminuiti in chi è affetto da diabete tipo 2 e da obesità (altamente associata all’insulino-resistenza). L’ipotestoneronemia inoltre aumenta la massa grassa nel diabetico. Se consideriamo la popolazione maschile affetta da diabete di tipo 2, laddove si associa calo del testosterone è presente un aggravamento della sintomatologia diabetica, e uno studio recente segnala come tra i soggetti con diabete di tipo 2 quelli con basso testosterone hanno una mortalità più che doppia rispetto agli uomini diabetici con testosterone nella norma; questo rischio aumentato di mortalità regredisce quando si attua una terapia a base di testosterone esogeno (Muraleedharan e altri, Endocrine Abstracts, Aprile 2011).
Ma in pratica: come fare per sapere se il testosterone è basso?
Il testosterone circola nel sangue in tre maniere diverse: per il 60% legato alla proteina di trasporto albumina, per il 38% legato alla proteina di trasporto SHBG (“Sexual Hormon Binding Globulin”), e solo per il 2% in forma libera.
I laboratori di analisi offrono i dosaggi di: testosterone totale, testosterone libero, e SHBG. Il dosaggio più semplice, economico, affidabile e informativo è il dosaggio del testosterone totale. Va detto che non esiste un limite inferiore universalmente accettato per questo dosaggio, e a rendere le cose (apparentemente) più complesse spesso il dosaggio viene espresso con tre diverse unità di misura: nmol/L (nanomoli/litro), ng/ml (nanogrammi/millilitro), e ng/dl (nanogrammi/decilitro). Esiste comunque un consenso generale su quali siano i livelli sotto i quali i pazienti beneficiano di terapia con testosterone, e i livelli al di sopra dei quali la terapia con testosterone non è necessaria: li riassumo nella seguente tabella (Wang e altri, European Urology, 2009):
Unità di misura T totale Livelli sotto cui è utile terapia Livelli sopra cui non è utile terapia
nmol/L 8 12
ng/ml 2,3 3,5
ng/dl 230 350
Il dosaggio dell’SHBG va fatto eventualmente solo in seconda battuta e in ambito specialistico, per meglio definire il problema: insieme al dosaggio del testosterone totale e dell’albumina permette infatti di calcolare il testosterone biodisponibile. Il dosaggio del testosterone libero viene attualmente considerato poco affidabile, per i limiti delle metodiche di analisi comunemente usate.
E se in effetti c’è calo del testosterone, cosa fare?
La diagnosi di ipotestosteronemia va confermata da almeno due dosaggi dell’ormone. In ambito specialistico (andrologico) il dato di laboratorio verrà valutato nel contesto più ampio dei segni e dei sintomi della persona interessata. Soprattutto se ai valori di laboratorio si associano i classici sintomi di ipotestosteronemia, si potrà iniziare il trattamento più opportuno per ogni specifico caso. Innanzitutto è importante modificare eventuali fattori rischio associati: sovrappeso e sedentarietà. Si potrà quindi considerare una terapia a base di testosterone, utilizzando una delle formulazioni esistenti (gel da applicare una volta al giorno sulla cute, o iniezioni intramuscolari da eseguire periodicamente). Lo scopo della terapia integrativa/sostitutiva con testosterone è riportare i livelli di questo ormone entro i valori di normalità, per far regredire eventuali segni/sintomi in atto, e per prevenire rischi per la salute dell’individuo. In particolare è documentato come nei soggetti diabetici ipogonadici la terapia sostitutiva con testosterone migliora la glicemia a digiuno, l’emoglobina glicata, abbassa i valori dei grassi nel sangue (colesterolo e trigliceridi), e produce una diminuzione della massa grassa.
Come è fatto..
È un piccolo bastoncino morbido e flessibile che viene inserito sotto la cute dal braccio.
E’ un metodo molto discreto perchè non è visibile dopo l’inserimento.
Comodo e sicuro..
L’impianto sottocutaneo è una soluzione contraccettiva che può restare inserita per un periodo fino a tre anni.
E’ un contraccettivo che richiede prescrizione medica e, se correttamente inserita dal ginecologo, garantisce una protezione superiore al 99%.
Come agisce..
Il dispositivo che viene impiantato sottocute contiene progestinico.
L’azione contraccettiva di questo ormone ha una duplice azione: innanzitutto inibisce l’ovulazione (il rilascio di ovuli), in secondo luogo agisce rendendo più spesso il muco della cervice uterina, agendo quindi come barriera verso gli spermatozoi che cercano di raggiungere l’ovulo per fecondarlo.
L’impianto non contiene estrogeni e può quindi essere utilizzato anche in quei casi in cui gli estrogeni non possano essere somministrati.
Come avviene l’inserimento e la rimozione del dispositivo..
Per l’inserimento del dispositivo è necessaria la prescrizione medica; sarà inoltre il medico a stabilire il momento del ciclo mestruale in cui effettuare l’inserimento del contraccettivo.
L’inserimento del dispositivo, inoltre, può essere effettuato soltanto da medici autorizzati dalla casa distributrice del prodotto.
L’impianto viene inserito nello strato sottocutaneo del braccio mediante una piccolissima incisione dell’epidermide effettuata dal ginecologo in ambulatorio.
Viene somministrata una piccola quantità di anestetico locale per ridurre il fastidio nella fase di inserimento e rimozione.
L’impianto può rimanere inserito fino a tre anni e prima della fine del terzo anno può essere sostituito con un nuovo impianto. Può comunque essere rimosso in qualsiasi momento e la normale condizione di fertilità si ripristina entro poche settimane.
Presso il Centro Demetra, l’inserimento del contraccettivo sottocutaneo viene effettuato da medici autorizzati: il dispositivo viene fornito dal Centro ed il costo complessivo del dispositivo e della procedura di inserimento è di 300 euro.
Per ulteriori informazioni puoi visitare il sito internet:
nexplanon.co.uk
Vacuum
Dispositivo “vacuum” per l’ erezione: macchinoso ma sicuro
Il “Dispositivo a vuoto per l’erezione”, o “Vacuum Erection Device” (genericamente definito “vacuum”) determina un’ erezione grazie ad una pompa che crea una pressione negativa intorno al pene, aumentando l’ afflusso di sangue ai corpi cavernosi, mentre un anello elastico viene fatto scivolare alla base del pene per prevenirne il deflusso.
Le principali indicazioni all’uso del vacuum sono condizioni in cui il pene non risponde più a stimoli farmacologici: farmaci orali o iniezioni dirette sul pene. Si tratta cioè di deficit erettili avanzati, in cui l’unica alternativa sarebbe l’intervento chirurgico di protesi peniena.
Il “vacuum” è un dispositivo che ha i suoi punti di forza nell’efficacia in molte categorie di pazienti, nella non invasività, e nell’assenza praticamente totale di effetti collaterali. I limiti risiedono nella poca praticità del sistema, e nella non ideale qualità dell’erezione prodotta: erezione assente prossimalmente all’ anello con pene ‘non sostenuto’, ed eiaculazione ostacolata dalla presenza dell’anello.
Protesi
LA PROTESI PENIENA: una soluzione anche ai casi più gravi di difficoltà di erezione
Oggi qualsiasi problema di erezione è potenzialmente risolvibile; nelle situazioni più gravi, che non rispondono a farmaci per bocca o con iniezioni nel pene, la protesi rappresenta una soluzione eccellente.
INDICE
1. Introduzione: cosa fare quando i farmaci per l’erezione non funzionano?
2. Le protesi peniene
3. Quanto è soddisfatto chi ha una protesi peniena
4. Le ultime novità per le protesi idrauliche: maggior praticità e maggior sicurezza
5. I dati Italiani: protesi peniene ancora poco diffuse rispetto alle reali necessità
6. In conclusione
1. Introduzione: cosa fare quando i farmaci per l’erezione non funzionano?
Oggi si identifica comunemente la cura delle difficoltà di erezione con le famose “pillole”, di vari colori: Viagra (blu), Levitra (ocra), Cialis (gialla). Ma non sempre la disfunzione erettile risponde ai farmaci per bocca: questi infatti per funzionare hanno bisogno di due condizioni: che ci sia una funzionalità residua dei tessuti del pene, e che i collegamenti nervosi tra il cervello e il pene siano intatti. Ebbene, in 3 persone su 10 con disfunzione erettile i farmaci orali non funzionano, proprio perché mancano una o entrambe delle condizioni (tabella 1).
Cosa fare in questi casi?
Alcuni uomini possono avere buoni risultati con iniezioni di farmaci direttamente nel pene, metodica che però non è molto gradita. Alternativamente si può utilizzare il cosiddetto dispositivo a vuoto per l’erezione, con anello di gomma da applicare alla base del pene: soluzione laboriosa che per molti contrasta con il desiderio di spontaneità dell’atto sessuale.
2. Le protesi peniene
Arriviamo quindi all’opzione “protesi peniena”: consiste in un intervento tramite cui all’interno dei cilindri naturali del pene, i corpi cavernosi, vengono inseriti due cilindri artificiali. Le protesi si dividono principalmente in due tipi: non idrauliche (o “malleabili”) ed idrauliche (tabella 2) (figure 1 e 2).
I modelli non idraulici sono i più semplici: due cilindri che conferiscono al pene una rigidità parziale costante. I modelli idraulici sono più sofisticati: i cilindri sono riempiti di liquido, collegato mediante un sistema a circuito chiuso a una pompa di controllo a livello dello scroto e a un serbatoio. Il tutto è interno all’organismo (dall’esterno non si vede nulla), e spesso anche l’unica incisione fatta per l’inserimento non è poi riconoscibile.
La persona con protesi idraulica può ragionevolmente attendersi di ottenere, quando lo desidera, una erezione di ottima qualità per il tempo desiderato, agendo sulla pompa di controllo riconoscibile manualmente sotto la pelle dello scroto. L’erezione così ottenuta non è di fatto distinguibile da un’erezione naturale; il pene ha la stessa sensibilità e capacità di eiaculazione presenti prima dell’intervento. Inoltre i modelli idraulici permettono di avere un aspetto visivo di flaccidità del tutto normale, quando la protesi non è azionata. Ciò è particolarmente importante per uomini con vita attiva, che si possono trovare in spogliatoio o doccia con altri uomini.
Nella protesi non idraulica i cilindri hanno una consistenza costante, quindi l’erezione parziale che forniscono è sufficiente per la penetrazione ma varia poco, quando varia, tra il momento in cui il pene è utilizzato per un rapporto e quando non è in uso.
Dati recenti indicano un elevato grado di affidabilità nel tempo delle protesi idrauliche: a 10 anni dall’inserimento più dell’80% è ancora funzionante (Bhatta Dhar, Journal of Urology, 2006), e a 15 anni oltre il 70% (Wilson, Journal of Sexual Medicine, 2007). Va segnalato che gli impianti protesici idraulici sono garantiti “a vita” dalle rispettive case produttrici, per cui in caso di “rottura” della protesi le ditte ne forniscono gratuitamente una nuova in sostituzione.
3. Quanto è soddisfatto chi ha una protesi peniena
Chi si sottopone a interventi di inserimento di protesi peniena per una difficoltà di erezione altrimenti non trattabile ha solitamente un alto grado di soddisfazione; ciò è particolarmente vero nel caso dei modelli idraulici. Tutti gli studi condotti sull’argomento concordano su queste considerazioni; riporto a titolo di esempio alcuni dati. L’88% di chi ha una protesi raccomanderebbe l’intervento a parente o amico, e l’87% rifarebbe l’intervento se necessario (Carson, Journal of Urology 2000). Se consideriamo la percentuale di soddisfazione di chi si sottopone a inserimento di protesi idraulica rispetto a chi utilizza con successo i farmaci per bocca per l’erezione o le iniezioni all’interno del pene, sempre con successo, il gruppo di individui con protesi ha il più alto grado di soddisfazione (90%) rispetto all’uso di Viagra (50%) e all’uso di iniezione (40%) (Rajpurkar, Journal of Urology, 2003)
4. Le ultime novità per le protesi idrauliche: maggior praticità e maggior sicurezza
Le biotecnologie hanno recentemente fatto importanti passi in avanti nell’area della protesica peniena, affrontando importanti aspetti dei modelli idraulici, che descrivo di seguito:
-Praticità
Mentre fino poco tempo fa per ripristinare lo “stato di riposo” del pene dopo un rapporto era necessario comprimere a lungo il dispositivo di controllo posto dentro lo scroto, i nuovi modelli delle due ditte leader, AMS e Coloplast, prevedono una singola compressione del suddetto dispositivo. Questa soluzione rende quindi ulteriormente più naturale la sessualità di chi utilizza la protesi.
-Sicurezza
Dal 2001-2002 i moderni modelli di protesi idrauliche hanno adottato strategie finalizzate a ridurre ulteriormente il già basso rischio di infezione postoperatoria. Il modello AMS ha la propria superficie esterna impregnata con antibiotico, poi gradualmente rilasciato nei tessuti (Figura 5). Il modello Coloplast è dotato di superficie assorbente, per cui nel corso dell’intervento, prima dell’inserimento, la protesi viene immersa in soluzione antibiotica, e dopo l’inserimento si avrà un rilascio dell’antibiotico nei tessuti del pene (Figura 6).
In entrambi i casi la già esigua percentuale di rischio infettivo è ulteriormente diminuita. Va comunque enfatizzato che la chirurgia di inserimento di protesi peniena è un intervento caratterizzato da molti importanti dettagli, per cui è importante fare riferimento a specialisti dedicati alla Andrologia ed in particolare alla chirurgia protesica, che operino in strutture idonee.
– Espansione anche in lunghezza
Le due case produttrici di protesi idrauliche propongono modelli che sviluppano un aumento di circonferenza dei loro cilindri, quando vengono attivate. Ciò permette di mimare in maniera eccellente quanto avviene con un’erezione naturale. Recentemente una delle due ditte ha introdotto il modello idraulico AMS LGX, che permette anche una espansione in lunghezza della protesi, quando attivata (Figura 7). L’utilità maggiore di questo modello è comunemente ritenuta il prevenire una possibile modesta riduzione in lunghezza del pene, che viene a volte riportata dopo inserimento di protesi peniena.
– Sicurezza anche in chi ha subìto prostatectomia radicale
La chirurgia per tumore della prostata è ai giorni nostri una delle cause più frequenti di grave disfunzione erettile. Questo vale per tutte le diverse tecniche di prostatectomia: chirurgica tradizionale, laparoscopica, robotica.
L’evoluzione della tecnologia consente di disporre ora di nuovi serbatoi, poco ingombranti, che possono essere inseriti anche nell’ambito della parete dell’addome. Ciò costituisce un sicuro vantaggio in chi ha subìto una prostatectomia, infatti fino a poco tempo fa la reazione cicatriziale/aderenziale che spesso si forma nell’area tra vescica e pube dopo l’intervento, rendeva sconsigliabile l’uso di protesi tricomponenti in quanto è difficile e rischioso inserire in questa zona il serbatoio. Spesso si ricorreva quindi a protesi idrauliche bicomponenti o protesi non idrauliche, con risultati cosmetici e funzionali decisamente inferiori rispetto ai modelli tricomponenti. Con la disponibilità di nuovi serbatoi a profilo ridotto (figura 8) è oggi possibile il loro inserimento nella parete addominale, sotto la fascia che ricopre i muscoli retti del’addome. Pertanto anche chi ha subìto una prostatectomia radicale può avere tutti i benefici dei modelli tricomponenti, senza rischi aggiuntivi.
5. I dati Italiani: protesi peniene ancora poco diffuse rispetto alle reali necessità
Nonostante la protesi possa risolvere definitivamente anche i problemi di erezione più gravi, purtroppo molti uomini non ne conoscono l’esistenza, e troppo spesso anche medici non specialisti non ne parlano ai propri pazienti, privandoli di un possibile trattamento che a livello mondiale è riconosciuto eccellente soprattutto nei casi di grave difficoltà di erezione, casi che cioè non rispondono a farmaci né per bocca (Viagra, etc.), né per iniezione nel pene (Caverject). Ciò si riflette sul fatto che, a fronte di una stima per difetto di circa 400.000 uomini in Italia affetti da grave disfunzione erettile, stando a dati del 2006 gli interventi totali per chirurgia protesica in un anno sono stati 1200: solo lo 0,4% degli uomini con gravi problemi erettili ha ricevuto un trattamento con protesi! Ciò nonostante molti studi scientifici dimostrino, come abbiamo visto, che le protesi determinano un elevato grado di soddisfazione di chi vi si sottopone.
6. In conclusione
Nelle giuste mani la protesi peniena è una terapia che permette un elevato grado di soddisfazione sia per la partner che per il soggetto affetto da grave deficit erettile, che altrimenti non avrebbe altre possibilità per recuperare una vita sessuale pienamente appagante. E’ importante considerare un appropriato counselling preoperatorio, mirante anche al coinvolgimento della partner, e far riferimento a specialisti dedicati alla Andrologia, ed in particolare alla chirurgia protesica.
Pene curvo
La curvatura del pene costituisce un problema molto più diffuso di quanto si pensi: un recentissimo studio documenta che non meno del 7% dei maschi italiani è affetto da questa patologia.
Esistono due tipi di curvatura: quella presente sin dalla nascita (forma congenita, fig 1), che è il risultato di una formazione asimmetrica del pene già a livello di vita fetale, ma in cui i tessuti sono di normale qualità.
La forma dell’adulto, nota anche come “Induratio Penis Plastica” o “Malattia di La Peyronie” (fig 2), è invece causata da una trasformazione fibrotica di una o più zone della guaina (“tonaca albuginea”) che racchiude il tessuto erettile dei due corpi cavernosi, e che spesso si presenta al tatto come un nodulo duro. Si ha cioè la formazione di una vera e propria “cicatrice” rigida, che non lascia espandere in quel punto il pene, che perciò in erezione si curverà, con convessità proprio in corrispondenza della zona di fibrosi.
Sia nella forma congenita che in quella dell’adulto problemi comuni possono essere costituiti da una non accettazione psicologica della curvatura e da una difficoltà al rapporto sessuale per la particolare geometria del pene, che in casi eclatanti può non essere possibile: vi sono infatti curvature di oltre 90°! Inoltre, mentre nella forma congenita non vi sono difficoltà di erezione ed il pene è solitamente di dimensioni normali, nell’ adulto la retrazione prodotta dal tessuto cicatriziale può determinare una importante perdita di lunghezza del pene, mentre la zona di fibrosi a carico della tonaca albuginea può causare a tale livello una incapacità di tenuta pressoria del pene (definita come ‘fuga venosa’, o ‘disfunzione venoocclusiva’), con un risultante deficit di rigidità, anche grave.
Ci sono rimedi? Fortunatamente sì. La curvatura, se grave o non accettata, può essere operata, con buoni risultati in termine di raddrizzamento. Esistono diverse tecniche chirurgiche, che possono essere raggruppate in due categorie principali: raddrizzamento ottenuto accorciando il lato più lungo, oppure allungando il lato più corto, mediante innesto di vario materiale, tipo un segmento aperto di vena safena, prelevata da un arto inferiore. Nei casi in cui la curvatura abbia determinato anche una ‘fuga venosa’ significativa, il problema sarà comunque risolvibile in maniera eccellente: questa volta con utilizzo di protesi idraulica e speciali tecniche intraoperatorie di raddrizzamento. La scelta dell’ intervento più idoneo in ogni singolo caso sarà il risultato di una attenta valutazione diagnostica. L’obiettivo comune finale sarà comunque quello di ottenere un pene diritto, di adeguata lunghezza, e con buona rigidità spontanea o indotta (nel caso di protesi), con sensibilità e capacità di eiaculazione immodificate.
Altre patologie andrologiche
Frenulo
Il frenulo del pene è il sottile lembo di pelle che unisce inferiormente la punta del pene, cioè il “glande”, alla pelle che ricopre la punta del pene, cioè il “prepuzio”.
Il frenulo ha un’ampia variabilità tra le persone sia nel senso di robustezza e spessore, che di livello di inserzione, cioè attaccatura, sul glande. In prossimità del frenulo vi è una elevata densità di ricettori che trasmettono la sensazione del piacere, similmente alla regione della corona del glande.
Brevità del frenulo
Quando si è in presenza di una tensione/trazione del frenulo sul glande, o in flaccidità abbassando manualmente il prepuzio, come nella figura 2, o in erezione, come in figura 3, siamo in presenza della cosiddetta “brevità del frenulo”, o “frenulo breve”.
Lacerazione del frenulo
Ai primi rapporti sessuali o con masturbazione vigorosa si può incorrere nella lacerazione del frenulo, che determina dolore e sanguinamento di vario grado; lungo il frenulo passa infatti una piccola arteria. In questi casi: niente paura: l’atteggiamento immediato più corretto è tamponare la ferita, comprimendo il glande tra pollice e indice all’altezza della lacerazione. Se questa manovra non è risolutiva è necessario rivolgersi ad un pronto soccorso, dove normalmente, dopo anestesia locale, viene regolarizzata la lacerazione e vengono dati dei punti di sutura.
Se la lacerazione è stata solo parziale e determina dolore a rapporti successivi si è a rischio di poter incorrere in ulteriore lacerazione o microlacerazioni. A questo punto è consigliabile la correzione chirurgica ambulatoriale (cioè “frenuloplastica”), che è indolore e definitiva.
Frenulo breve ed eiaculazione precoce
La brevità del frenulo è spesso messa in relazione a problematiche di eiaculazione precoce: un frenulo breve che va in trazione durante il rapporto sessuale teoricamente può determinare una iperstimolazione dei ricettori che trasmettono la sensazione del piacere, determinando una minor latenza eiaculatoria. Ma non è necessariamente detto che il frenulo breve sia la causa di una eiaculazione precoce, così come non è detto che la correzione chirurgica della brevità del frenulo risolva un problema di eiaculazione precoce. Una strategia spesso usata per indagare la responsabilità o meno del frenulo sulla precocità consiste nel desensibilizzare temporaneamente il frenulo mediante crema anestetica, e valutare se ciò migliora la latenza eiaculatoria. In caso di risposta affermativa, questo dato suggerisce (ma NON ASSICURA) un ruolo causale della brevità del frenulo sull’eiaculazione precoce, rendendo più motivato un eventuale intervento di frenuloplastica, che comunque non darà garanzie ASSOLUTE di risoluzione del problema di precocità.
Trattamento del frenulo breve: la frenuloplastica
La correzione chirurgica della brevità del frenulo prende il nome di frenuloplastica. Consiste in un intervento che, mediante l’incisione del frenulo, ha come obiettivo il rilasciamento della tensione preesistente, presente in particolare in erezione.
La frenuloplastica non va confusa con la circoncisione, che consiste invece nell’asportazione della cute che ricopre il glande (o “prepuzio”), lasciando così il glande stesso scoperto. In corso di circoncisione si esegue solitamente anche l’incisione del frenulo.
Le principali indicazioni alla frenuloplastica sono:
-frenulo che va in tensione durante l’erezione, determinando fastidio o vero e proprio dolore;
-lacerazione incompleta del frenulo, che dopo la guarigione determina durante i rapporti fastidio/dolore, o microlacerazioni;
-brevità del frenulo come (con-)causa di eiaculazione precoce.
La frenuloplastica è un intervento chirurgico ambulatoriale che si svolge in anestesia locale (mediante infiltrazione sul frenulo, o con crema anestetica). La durata dell’intervento è di circa 20 minuti. La sutura cutanea viene effettuata con punti riassorbibili, che “cadono” in media dopo 10 giorni circa.
Di norma i rapporti sessuali possono essere ripresi dopo una ventina di giorni dall’intervento. Alla ripresa dei rapporti è consigliabile un minimo di cautela, e l’uso del preservativo, per evitare che la frizione della penetrazione si ripercuota sul punto più debole: la zona della frenuloplastica. Di norma rapporti liberi, senza preservativo, possono essere ripresi dopo circa un mese dall’intervento.
Fimosi
La fimosi consiste in un restringimento dell’orifizio prepuziale, il prepuzio è la pelle che ricopre la punta del pene. La fimosi causa una difficoltà ad abbassare la cute per scoprire la punta del pene, detta anche “glande”. Quando si arriva alla impossibilità di scoprire il glande si parla di fimosi serrata. Quando la difficoltà è presente solo in erezione per l’espansione del glande, si parla di fimosi funzionale.
La fimosi può essere congenita, o acquisita.
Fimosi congenita: presente fin dalla nascita. Solo quando è serrata ha però indicazione chirurgica; negli altri casi, e comunque dopo il primo anno di vita, è opportuno che, dopo il bagno tiepido, la madre tenti dolcemente di vincere la resistenza della pelle per farle acquisire progressiva elasticità.
Fimosi acquisita: si manifesta in età adulta in un uomo che sino ad allora non aveva avuto alcun problema, a causa di ripetute infiammazioni del prepuzio (soprattutto, ma non solo, in soggetti diabetici), o all’inizio dell’attività sessuale, che mette in evidenza una fimosi funzionale prima non riconosciuta.
La fimosi predispone a:
1. accumulo di smegma. Lo smegma è dato dall’accumulo di secrezioni prodotte da ghiandole presenti nel foglietto prepuziale interno e e nel glande. Tali secrezioni permettono alla pelle del prepuzio di scorrere sul glande. Normalmente, con buona igiene locale non si formano accumuli smegmatici. In caso contrario si accumula appunto lo smegma, che si presenta biancastro, in forma di scaglie o cremoso, e si raccoglie nel solco sotto il glande. Le raccolte smegmatiche sono a rischio di crescita di batteri, soprattutto se esistono condizioni favorenti (es. diabete). Le conseguenze più frequenti sono infiammazioni del glande e del prepuzio che possono essere trasmesse anche alla partner;
2. fastidio/dolore durante i rapporti sessuali, e talora anche difficoltà di erezione ed eiaculazione precoce;
3. rischio aumentato di tumore del pene. Questo tumore, peraltro rarissimo (1 caso ogni anno su 100.000 uomini), può essere prevenuto anche con una buona igiene locale e, in caso di fimosi, effettuando una correzione chirurgica mediante l’intervento di circoncisione. I non circoncisi non si preoccupino: l’aumento del rischio di cancro del pene resta comunque estremamente limitato.
Dal punto di vista della terapia, è possibile utilizzare pomate antibiotiche e antinfiammatorie, ma la loro efficacia è limitata. La soluzione definitiva è affidata alla chirurgia, mediante la circoncisione. Questo è un intervento ambulatoriale, eseguito in anestesia locale, che consiste nell’asportare il prepuzio. A termine intervento il glande pertanto rimane scoperto, e si adatta nel giro di poche settimane alla nuova sensibilità. In genere si usano dei punti riassorbibili, che cadono da soli nel giro di circa 10 giorni.
Idrocele
L’idrocele è una raccolta non dolorosa di liquido attorno al testicolo, tra le membrane che rivestono il testicolo stesso.
Il testicolo è infatti rivestito da una membrana, la “tunica vaginale” che lo avvolge completamente e gli si ribatte intorno. Fra le due membrane c’è normalmente una minima quantità di liquido chiaro che
consente lo scorrimento del testicolo, e che viene continuamente prodotta e riassorbita dalle membrane stesse. A causa di infiammazione, di trauma, o di interventi chirurgici quali soprattutto operazioni per ernia e per varicocele, queste membrane possono produrre più liquido di quanto riesca ad essere assorbito.
Progressivamente il liquido si raccoglie e nel giro di settimane, mesi o anni porta ad un progressivo aumento di volume dello scroto.
(In rari casi può associarsi a tumore testicolare; ciò va sospettato allorquando l’idrocele si forma in breve tempo ed in soggetti giovani)
L’idrocele non fa male, ma può dare una fastidiosa sensazione di “peso” o di “ingombro”, soprattutto se di cospicue dimensioni. E’ di consistenza teso-elastica. Il paziente spesso ha il timore di avere un “tumore”. Una semplice visita ed una ecografia possono dissipare il dubbio.
Come si cura?
La soluzione ideale è costituita da un semplice intervento chirurgico, effettuabile anche in anestesia locale, che risolve il problema in maniera definitiva.
La VISITA ANDROLOGICA è sicuramente il punto di partenza per la valutazione della salute riproduttiva di un individuo. La raccolta di informazioni sulla storia clinica del paziente, le abitudini di vita, assunzione di farmaci, eventuali problematiche passate e disturbi presenti rappresenta il momento più importate per lo specialista per orientare la diagnosi e la terapia.
La circoncisione consiste nella rimozione più o meno completa del prepuzio (cute che riveste il glande).
L’indicazione più frequente è la fimosi cioè un restringimento del prepuzio tale da impedire o rendere particolarmente difficoltosa e dolorosa la scopertura del glande. Altre indicazioni sono date dalle lesioni sospette della cute prepuziale. Infine alcuni soggetti possono avere motivi religiosi per eseguire una circoncisione.
L’intervento chirurgico di circoncisione viene generalmente effettuato in anestesia locale mediante iniezione alla base del pene di farmaci anestetici. In casi particolari (bambini o pazienti particolarmente ansiosi) può essere necessario associare una sedo-analgesia.
L’intervento chirurgico di circoncisione viene effettuato in regime ambulatoriale. Il paziente, in posizione supina, viene sottoposto ad anestesia locale e si procede con la rimozione del prepuzio; l’intervento dura circa 30 minuti, alla fine dei quali il pene viene fasciato lasciando scoperto il meato uretrale per rendere possibile la minzione.
Dopo l’intervento, al fine di evitare alcune complicanze e di garantire una corretta cicatrizzazione della ferita, è necessario evitare rapporti sessuali per circa 4/5 settimane. I punti di sutura sono in materiale riassorbibile e non necessitano di essere rimossi, cadono generalmente entro 15 giorni dall’intervento. Dopo l’intervento il paziente deve essere sottoposto ad almeno una visita di controllo, generalmente nella prima settimana post-operatoria.
INDICE DELLE PRESTAZIONI
GLI SPECIALISTI
Dott. Edoardo Pescatori
Medico chirurgo specializzato in Urologia